Positivi con carica vitale alta

Se hai l’NCF (“Non ce la faccio” ) sempre attivo in background, leggi attentamente le prossime righe contengono istruzioni per disattivarlo ed allungare la durata della tua carica vitale.

La solita sorpresa. Ieri ( ma potrebbe anche essere oggi o l’altro ieri) ero collegato su Skype con una missione ugandese, insieme a dei volontari di Italia Solidale-Mondo Solidale. Avevo coinvolto alcune persone per aiutarli ad amare, possibilmente aggiungendosi alla schiera dei cuori che salvano i tanti bambini nelle missioni solidali. Come potrebbe accadere a te alla fine di questo post, motivo per cui non tengo per me quello che vedo in queste situazioni.

Ronald, giovane papà africano, povero, coinvolto con la sua famiglia e i suoi bambini nella missione con Italia Solidale. parla di un episodio recente per far comprendere cosa sta cambiando per loro da quando è aiutato. Si trovava un piccolo centro abitato, poche capanne al buio e due negozietti che vendono alcool per allietare la serata di un certo numero di disperati. Difficile selezionare chi sta peggio. Ma lui si accorge, (non ho capito come abbia fatto) di un ragazzino buttato per terra. Un po’ come quando incontriamo la sera un barbone per strada o uno che ha bisogno (gli si è fermata la macchina, vuole sapere che ore sono, non ha Maps e vuole indicazioni su un luogo, etc) e ci giriamo dall’altra parte o facciamo finta di ricevere una telefonata per distrarci. Solo che lui si ferma e se lo porta a casa senza pensarci un attimo.

A casa…o meglio, a capanna… Lui è povero, ha una tipica capanna con tetto di paglia e muri di fango. Non potendo accedere al superbonus (forse perché tanti non gli danno credito e continuano ad ignorare la sofferenza dei bambini attorno a lui?) più che a un cappotto termico è interessato solo ad avere una maglia addosso ed offrire un tetto a questo ragazzo. Lo fa visitare perché sta male, ha la malaria. Scopre che viene dal Congo, scappato. Immigrato in Uganda senza permesso di soggiorno, senza mascherina, senza quarta dose e senza green pass. E poi, particolare secondario, non sa dove si trovi sua madre. Ronald si impegna ad aiutarlo e a cercarla e dice: “Finchè non ritrova la madre non lo lascio andare via. Con la missione di Italia Solidale e i libri di P. Angelo Benolli ora vedo come ogni persona è figlia di Dio e deve vivere, come è successo a me e ai miei figli quando sono stato coinvolto”. E cita Geremia, scrittura della liturgia del giorno: “Non dire sono giovane (non ce la faccio, ndr). Ti manderò io, dice il Signore, non aver paura io sono con te”.

I vicini di casa, i parenti e la gente del villaggio, non conoscono Geremia né P.Angelo, evidentemente, e in vario modo cercano di dargli una mano…a desistere da quella follia: “Chi è questo? Ma come fai a fidarti, vedrai che è un ladro”; “Non lo vogliamo, tra noi, rimandalo a casa sua, abbiano già tanti problemi qui”. Non sto scherzando. Parole testuali, ti assicuro che non qui leggono i giornali italiani.

E’ sconvolgente per me sapere dove avviene tutto ciò. Questa apertura agli ultimi, sfidando l’opposizione dei parenti e affini è davvero una eccezione in zona. Avviene in un luogo in cui “Meno di dieci anni fa, nessuno si accorgeva dei bambini che morivano accanto a loro, mentre oggi c’è una trasformazione in atto che dovrebbe finire su tutti i libri (Venti d’amore, pagina 71) .

Una zona infestata dalla sindrome di Atimango (checcepossofà in lingua Alur) che con l’esperienza di Italia Solidale ed la relazione con gli italiani gemellati con le adozioni a distanza, oggi sta facendo fronte alla morte donando nuova vita a bambini e meno bambini. Stop.

Per oggi credo ti possa bastare questo per cogliere che amare è possibile.

Approfondisci come può un povero, pieno di problemi agire e fare questo. E non sono parole ma fatti. Chiedilo direttamente a lui. Oppure alla famiglia con cui ti colleghi adottando a distanza anche tu un bambino con Italia solidale, come è avvenuto per il donatore di Ronald.

Sono quasi trent’anni che vedo episodi cosi. Gli ultimi venti li ho fotografati nel libro, ma come vedi quelle pagine continuano.

Davanti a cosi tante esperienze di risoluzione, impensabili umanamente, di sofferenze inaudite poi risolte con luce e relazione oggi ci vuole più fede a credere al “non ce la faccio” che ad agire!

Davanti alla opportunità di amare e contribuire a salvare una vita con un gesto semplice agisci e basta. Guarda cosa è successo a Ronald che ora, senza emigrare in Italia, aiuta i suoi vicini ed aiuta gli italiani a ricordarsi che possono anche loro abbattere le loro resistenze ad amare, disattivando l’NCF.

E tu? Quanto sei bambino? Che orizzonti hai? Ce la fai ad amare? Non dire “non ce la faccio”, se vuoi un aiutino per disattivare l’NCF attiva la tua anima, ricollegala al cuore come l’ha fatta Dio e agisci .

daje

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